LA CORTE D'APPELLO
    La  Corte  nel  procedimento penale a carico di Romaniello Luigi e
 Pantaleoni Riccardo, imputati, in  stato  di  custodia  cautelare  in
 carcere, del delitto di cui agli artt. 110 e 81 cp. del c.p. e 73 del
 d.P.R. n. 309/1990, ha concesso all'odierna udienza dibattimentale la
 seguente ordinanza.
    Constatata  l'assenza  degli  avvocati  Valentino,  De  Angelis  e
 Brugnuolo, difensori di fiducia, da attribuire al perdurante stato di
 agitazione  della  categoria,  constatata   altresi'   l'assenza   di
 qualsiasi  altro  legale  da  nominare in sostituzione, non potendosi
 ricorrere alla difesa di ufficio perche' quell'assenza non implica il
 "definitivo venir meno" dell'incarico  fiduciario,  va  sollevata  di
 ufficio la questione di legittimita' costituzionale:
      dell'art. 304, lett. b) nella parte in cui non prevede che anche
 nel  caso di "privazione di assistenza" legale l'imputato (cosi' come
 nell'ipotesi regolata dall'art. 486, quinto comma, ultima parte possa
 decidere ed ottenere la celebrazione del dibattimento;
      dell'art.  97,  quarto  comma,  c.p.p.,  nella  parte  in   cui,
 richiamando la formula dell'art. 102, secondo comma, c.p.p., consente
 al  sostituto  del  difensore  di  fiducia  di non prestare l'ufficio
 deferitogli per l'identica ragione allegata al sostituto,  del  quale
 "esercita i diritti";
      dell'art.   30   disp.  att.  al  c.p.p.  nella  parte  in  cui,
 quand'anche potesse giungersi a nominare  un  difensore  di  ufficio,
 questo  potrebbe  allegare  l'astensione  in  atto  quale causa della
 "impossibilita' di adempiere".
    La questione e' rilevante atteso che il sistema normativo vigente,
 strutturato mediante gli articoli  di  legge  citati,  impedisce  una
 valutazione bilanciata degli interessi contrapposti imponendo il puro
 e  semplice  rinvio  del  processo  con  sospensione  dei  termini di
 custodia cautelare vanificando in tal modo sia il principio di uguale
 trattamento di situazioni  sostanzialmente  simili,  sia  il  diritto
 dell'imputato  al  processo  (art.  24,  primo  comma, Costituz.) per
 effetto della violazione del diritto alla difesa  (art.  24,  secondo
 comma, Costituz.).
    Il codice di rito penale, con gli artt. 486 e 304, lett. a) regola
 l'impedimento   del   difensore   di   fiducia   che,  se  comunicato
 tempestivamente  e  riconosciuto  dal  giudice,  produce  il   rinvio
 dell'udienza a meno che l'imputato non chieda ugualmente il processo;
 cosi'  trova  equilibrata  soluzione  il  contrasto tra giudicabile e
 difensore.
    Regola, con l'art. 304, lett. b),  una  evenienza  peculiare  (del
 tutto  distinta  dall'impedimento):  la  "privazione  di  assistenza"
 conseguente    a    "mancata     presentazione-allontanamento-mancata
 partecipazione"  del  difensore  collegandovi  l'esito  esclusivo del
 rinvio  con   sospensione   della   custodia   cautelare,   scontando
 l'impossibilita' di offrire una qualsiasi difesa.
    La  privazione  di  assistenza,  in sostanza, raffigura un rifiuto
 programmatico del compito difensivo, deliberato e  generalizzato  per
 cui  nessun  sostituto  potra'  rintracciarsi  o, se rintracciato, e'
 facultato dall'art. 102, secondo comma, a dichiararsi  aderente  alla
 protesta   predetta.   In  tale  figura  percio',  e  non  in  quella
 dell'impedimento, va ricompreso lo stato di agitazione forense.
    Non apprestando alcun rimedio, l'art. 304, lett. b) implicitamente
 non consente  la  formalizzazione  del  contrasto  di  interessi  tra
 imputato  e  difensore,  invece  accolto (e composto) dall'art. 486 e
 comunque lo rende inagibile al punto che, quand'anche l'imputato, pur
 di essere giudicato,  volesse  rinunciare  all'avvocato  di  fiducia,
 quello  indicato di ufficio ben potrebbe allegare l'impossibilita' di
 adempiere (espressione troppo generica entro la quale  rientra  anche
 l'adesione alla protesta attuata mediante astensione).
   Eppure  le  s.u.  penali  (27  settembre 1992), gia' di fronte alla
 allegazione del semplice  impedimento  del  difensore,  impongono  al
 giudice  di  operare un raffronto tra esigenze della giurisdizione ed
 esigenze della difesa; la stessa Corte costituzionale, nella sentenza
 23-31 marzo 1994, n. 114, bollava l'impossibilita'  di  garantire  la
 difesa   come   "del   tutto   patologica"   e  "priva  di  qualsiasi
 bilanciamento" laddove l'art. 304 lett.  b)  aprioristicamenterisolve
 quel raffronto a favore del difensore assenteista obliterando diritti
 fondamentali dell'imputato.
    La questione, dunque, appare non manifestamente infondata.